La casa al numero 15 di Kratvænget a Charlottenlund, appena fuori Copenaghen, non è un indirizzo qualunque. Qui, dal 1941 al 1989, è vissuto Finn Juhl, uno dei ‘padri’ del design danese del Novecento (insieme a Hans Wegner e Arne Jacobsen), e oggi è una casa-museo aperta al pubblico. Dall’esterno è un’abitazione semplice, tipicamente nordica, immersa in una proprietà di 1.700 mq adiacente al parco Ordrupgaard. Composta da due volumi bianchi col tetto a spiovente uniti da un ingresso che apre sul giardino, vede da una parte l’ampio soggiorno e lo studio del designer, mentre il secondo blocco ospita la cucina, la sala da pranzo, le camere da letto con bagno. Gli interni – uno dei primi esempi di open space – sono ampi e luminosi, rischiarati da finestre e grandi aperture che affacciano sul verde e ravvivati da soffitti nei toni arancio e crema che scaldano la fredda luce nordica.
Juhl ha realizzato quest’abitazione insieme alla prima moglie, Inge-Marie Skaarup, studiando personalmente ogni singolo dettaglio, dagli arredi fino agli oggetti di uso quotidiano come le posate e le stoviglie. Appassionato collezionista d’arte, ha raccolto dipinti e sculture, tappeti e vasi degli artisti danesi che ammirava di più, come Asger Jorn, William Lundstøm, Egill Jacobsen, Richard Mortensen, Erik e Anna Thommesen. La casa di Kratvænget fu anche il suo studio e un laboratorio dove sperimentare una personale visione degli interni che integrava gli arredi con le opere d’arte e dove testare le nuove creazioni prima di proporle al mercato.
Tutti i mobili della casa – tra cui le celebri sedute FJ45, Chieftain e Pelican (oggi nel catalogo Onecollection) – sono progetti di Juhl e molti di questi sono pezzi artigianali realizzati dall’ebanista Niels Vodder per la fiera dove debuttarono insieme nel 1937. «Mobili e case sono sempre progettati in un contesto. Raramente ho realizzato una casa senza pensare anche ai suoi mobili. – ha detto il maestro nel 1982 – Naturalmente è fondamentale che l’arredamento sia pratico. Le sedie, ad esempio, non vengono progettate per essere guardate, ma per sedersi». Con questo approccio pragmatico e funzionalista – che lui chiamò “from the inside and out” – spostò gli arredi lontano dalle pareti facendoli diventare il punto focale di ogni stanza, come vere e proprie opere d’arte funzionali.
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Fonte: http://living.corriere.it/case/autore/casa-museo-finn-juhl-copenhagen/
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