lunedì 13 febbraio 2017

Bucarest, la rivincita della natura

Romania, Târgoviște, Natale 1989. L’esecuzione capitale di Nicolae Ceaușescu – Presidente della Romania e Segretario generale del Partito Comunista – e di sua moglie Elena – chiamata la “Madre della Nazione” – fu eseguita dopo un processo sommario. Si chiudeva un capitolo, drammatico, in cui fu anche la megalomania di un leader a giocare un ruolo rilevante. Le manie di grandezza del Conducător (condottiero) si tradussero in una serie di piani urbanistici, progetti edili e infrastrutturali straordinari. Fu pianificato di ridurre da 13mila a 7mila i villaggi rurali (Programma di sistematizzazione); fu costruito, grazie al lavoro di 20mila operai che lavorarono a turni ventiquattrore su ventiquattro per cinque anni, la casa Popolurui, ora sede del Parlamento: un colosso architettonico di 85 metri di altezza e una superficie di 330mila metri quadrati, 12 piani e 3100 stanze (negli anni Ottanta illuminare il palazzo per quattro ore comportava un consumo di energia elettrica pari a quello quotidiano dell’intera città).

In un processo lungo oltre 20 anni, la natura si è riappropriata di un'infrastruttura abbandonata in centro a Bucarest, trasformando l'area nel parco urbano naturale più grande d'Europa.

In un processo lungo oltre 20 anni, la natura si è riappropriata di un’infrastruttura abbandonata in centro a Bucarest, trasformando l’area nel parco urbano naturale più grande d’Europa.

Le fantasie di Ceaușescu toccarono mari e monti: fece costruire la strada Transfăgărășan lunga 152 chilometri che attraversava i Carpazi collegando le regioni della Transilvania e della Muntenia e fece scavare un canale dal Danubio al Mar Nero. Per lasciar posto ai folli capricci del dittatore, ruspe e bulldozer abbatterono più di duemila monumenti storici e capolavori architettonici, tanto che diversi personaggi e organizzazioni – tra cui l’associazione degli esiliati in Francia e l’Unione Internazionale degli architetti – denunciarono, invano, la situazione all’Unesco. Furono rasi al suolo, tra i tanti, le chiese di Sfânta Vineri (1645) ed Enei (1611), i monasteri di Cotroceni (1679) e Pantelimon (1750) e il monastero di Văcărești. Proprio quest’ultimo, risalente alla metà del XVIII secolo, fu demolito per preparare il terreno all’allestimento di un grosso bacino artificiale che doveva collegare Bucarest al Danubio: un buco di 183 ettari tra palazzoni residenziali a quattro chilometri dal centro città. Il progetto, se pur a uno stadio avanzato – con la costruzione di già quasi tutti gli argini di cemento alti cinque metri –  fu abbandonato non appena il regime di Ceaușescu crollò. Ed è a questo punto che il destino infelice di un pezzo di città, a rischio degrado, subì una svolta e un’evoluzione inaspettata, complici forse il muro perimetrale che ha isolato l’area e le infiltrazioni d’acqua dal sottosuolo non previste dagli ingegneri.

In un lento e inesorabile processo lungo oltre 20 anni, la natura si è riappropriata dell’infrastruttura incompiuta e abbandonata trasformando il progetto fallimentare, simbolo di un regime altrettanto fallimentare, nel parco urbano naturale più grande di tutta Europa, popolato da un ecosistema tra i più vari e genuini della Romania. Nei piccoli boschi di salici, nelle zone paludose, nei canneti e negli stagni oggi vivono più di 100 specie di uccelli (tra cui gli aironi), rettili, pesci, tartarughe e persino delle lontre, che non si sa come ci siano arrivate. Da metà maggio di quest’anno, grazie all’impegno del direttore Dan Bărbulescu, l’area è diventata un parco naturale protetto, il Văcărești Nature Park.

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Fonte: http://www.abitare.it/it/habitat/landascape-design/2017/02/12/a-bucarest-un-parco-compensa-un-fallimento/

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